L’Ordine degli Psicologi dell’Emilia-Romagna su “Angeli e Demoni”



Agenpress. La nostra comunità professionale è profondamente scossa da quanto è emerso sui media circa l’indagine in corso nella provincia di Reggio Emilia che vedrebbe indagati colleghi psicologi, psicoterapeuti, operatori socio-sanitari e amministratori pubblici. Non si conoscono ancora i dettagli di questa vicenda, ma le notizie trasmesse dai media fanno trapelare fatti che appaiono di gravità sconcertante e che, se confermati, farebbero emergere condotte gravissime e del tutto incompatibili con l’etica degli psicologi e con il nostro codice deontologico, le cui norme hanno l’obiettivo di offrire le massime al garanzie all’utenza.
Il campo della tutela della salute famigliare e della protezione dell’infanzia e della adolescenza è un campo delicatissimo che non può essere trasformato in un’occasione per trarre profitti illeciti. Fermo restando che bisogna stare attenti a non fare di tutte le erbe un fascio e distinguere cattive prassi da buoni interventi. L’affido familiare è un istituto giuridico utile, talvolta strumento elettivo, per preservare il benessere dei bambini, per proteggerli da situazioni di pericolo, violenza e abuso. In moltissimi casi è l’unica risposta riparativa possibile alla sofferenza di tanti minori, il cui progetto coinvolge tanti nostri colleghi che svolgono con coscienza, competenza e dedizione valutazioni, consulenze, supporto psicologico e psicoterapia.
Comunichiamo che come Consiglio dell’Ordine degli Psicologi dell’Emilia-Romagna non mancheremo di procedere in via disciplinare nei confronti dei colleghi coinvolti nonché, qualora le indagini in corso esitino in rinvii a giudizio, di costituirci parte civile.
Operare nel campo della protezione del minore, infatti, richiede competenze professionali adeguate alla valutazione del caso e all’individuazione di strategie e modalità operative efficaci nei confronti sia dei minori che delle loro famiglie.
Quando, a seguito di un percorso di valutazione specialistica, effettuato non solo dallo psicologo, si evidenziano situazioni di estrema gravità a elevato rischio psicofisico per bambini e adolescenti, l’allontanamento dalla famiglia biologica rappresenta una misura di protezione indispensabile. Misura che viene comunque valutata e messa in atto dall’autorità giudiziaria.
I presidenti e i consiglieri degli Ordini regionali e provinciali degli psicologi da sempre avvertono la massima responsabilità e profondono il proprio impegno soprattutto nei riguardi delle persone più deboli e fragili. È quindi necessario distinguere tra cattive condotte e buone prassi che hanno come scopo la tutela della salute psicofisica delle persone.
Per noi psicologi, professionisti sanitari, operare nell’ambito della tutela delle persone di minore età significa proteggere e promuovere il diritto alla salute di bambini e adolescenti, al fine di preservarne le potenzialità e favorire le condizioni necessarie al loro miglior sviluppo. L’ascolto psicologico specialistico, come primo intervento di protezione, è fondamentale per la comprensione dei bisogni profondi, premettendo l’interesse del minore all’interesse degli adulti.
Diritti dei minori e doveri degli adulti in questo caso non vanno posti in antitesi: nelle persone in età evolutiva, devono essere tutelati i “diritti relazionali”. Il diritto di ogni bambino di essere allevato nell’ambito della sua famiglia di origine corrisponde al diritto del genitore di essere in grado o di essere messo nelle condizioni di assolvere ai suoi doveri fondamentali nei riguardi dei figli. Garantire, perciò, i diritti dei minori – in quanto figli – significa promuovere, sostenere, affiancare le funzioni genitoriali e mettere in atto, quando possibile, tutti gli interventi necessari per superare le problematiche (interne ed esterne) che rendono disfunzionale una famiglia.
Lo psicologo che opera nell’ambito dell’età evolutiva può venire a contatto con situazioni di maltrattamento in cui vi sono forme di violenza diretta o indiretta a opera di adulti, in particolare di quelli che dovrebbero avere compiti di protezione e cura, i genitori. Ogni forma di violenza, specialmente se sperimentata precocemente e ripetutamente nelle relazioni primarie di cura – cioè con le persone che dovrebbero garantire sicurezza, affidabilità, stabilità, contenimento affettivo ed emotivo -, in carenza o assenza di fattori protettivi nel bambino, produce traumi psichici/interpersonali, che possono esitare in condizioni psicopatologiche gravi se non intercettate. È quindi fondamentale intervenire precocemente per evitare che il danno e le sue conseguenze si strutturino. Ascoltare il minore d’età maltrattato per comprendere cosa c’è dietro ai suoi silenzi, alle sue paure e far emergere elementi che aiutino a capire in modo oggettivo se c’è vittimizzazione è un lavoro tecnicamente molto complesso che implica formazione specifica, condivisione con altri professionisti della tutela.

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