Rischio Cardiovascolare: l’impatto di ottimismo e solitudine



Riportiamo un interessante articolo di Paolo Spriano e Marco Cambielli della MMG Milano di Varese. Di seguito all'articolo una nota di commento della dott.ssa Luciana Vianello 

La cultura popolare e l’esperienza di molti medici sostengono l’ipotesi che la disposizione psicologica e i sentimenti umani possano incidere significativamente sull’evoluzione delle malattie, in particolare quelle cardiovascolari, e due recenti pubblicazioni sono a supporto di queste considerazioni (1,2) .
La solitudine nei cardiopatici può essere correlata a una prognosi severa, incluso un maggior rischio di morte nell'anno successivo al ricovero per malattie cardiache e la solitudine dovrebbe essere considerata un serio fattore di rischio nei pazienti con malattie cardiache ed essere inclusa nella valutazione del rischio dei pazienti (1) .
Lo studio ha raccolto dati su oltre 13.400 pazienti cardiopatici che hanno lasciato l'ospedale dal 2013 al 2014 con età media di 60 anni. Durante il ricovero, i partecipanti hanno compilato questionari sulla loro salute, benessere psicologico, qualità della vita e livelli di ansia e depressione.
Rispetto alle persone che non si “sentivano sole”, coloro che dicevano di essere soli avevano quasi tre volte più probabilità di essere ansiosi e depressi e di avere una qualità di vita inferiore. Un anno dopo la dimissione dall’ospedale il sentirsi soli ha avuto un impatto significativo sul follow-up dei partecipanti. Indipendentemente da altri fattori, le donne sole avevano quasi tre volte più probabilità di morire rispetto alle donne che non erano sole, e gli uomini soli avevano il doppio delle probabilità di morire.
La solitudine può avere molte cause e può verificarsi anche in soggetti che fisicamente hanno intorno persone, ma comunque si sentono soli. Per alcuni, sarebbero utili misure minime come avere un membro della famiglia che si ricorda di chiedere alla persona come sta ed è pronto ad ascoltare. Per altri, l'aiuto per le cose pratiche potrebbe essere ciò di cui hanno bisogno oppure avere l'opportunità di parlare con persone che hanno vissuto la stessa esperienza.
L’ottimismo è stato indagato in un altro studio che ha valutato quanto fosse associato a un minor rischio di eventi cardiovascolari e mortalità per tutte le cause (2) .
La meta-analisi è stata fatta su 15 studi, per un totale di 229.391 individui studiati, di cui 10 studi hanno riportato dati su eventi cardiovascolari e 9 sulla mortalità per tutte le cause.
Il periodo di follow-up medio dei soggetti studiati è stato di 13,8 anni (intervallo, 2-40 anni). All'analisi aggregata, l'ottimismo era significativamente associato a un ridotto rischio di eventi cardiovascolari (RR 0,65; IC 95%, 0,51-0,78; P <0,001); allo stesso modo, l'ottimismo era significativamente associato a un minor rischio di mortalità per tutte le cause (RR 0,86; IC 95%, 0,80-0,92; P <0,001).
L'ottimismo era associato a un minor rischio e il pessimismo a un più alto rischio di eventi cardiovascolari; l'associazione con gli eventi era simile a quella di altri fattori di rischio cardiaco consolidati.
L’ipotesi formulata a sostegno di queste evidenze è di un’associazione tra ottimismo e pessimismo con una varietà di mediatori fisiopatologici coinvolti nelle malattie croniche, tra cui un aumento dell'infiammazione e dei disturbi dell'emostasi, della funzione endoteliale e metabolica.

I risultati supportano l'istituzione di interventi che potrebbero ridurre il pessimismo e promuovere l'ottimismo tra i pazienti attraverso l'uso di tecniche psicologiche positive da utilizzare nei programmi di riabilitazione cardiaca e in altri contesti di gruppo. Resta da definire se un ottimismo potenziato o indotto attraverso strategie d’intervento abbia benefici per la salute simili all'ottimismo naturale dell’individuo.
Bibliografia

Vingard Christensen A, Maddux J Risks Mount for Lonely Hearts After Cardiac Surgery   Heart ,2019, Nov 4,online.
Rozansky A et al Association of Optimism With Cardiovascular Events and All-Cause Mortality   JAMA Network Open. 2019 Sep; 2(9): e1912200. doi: 10.1001/jamanetworkopen.2019.12200.


... 

Questo articolo ha un grande merito: usa parole “semplici” - solitudine e ottimismo - che tutti noi utilizziamo quotidianamente per descrivere costrutti che hanno, invece, un grande impatto psicologico.
La solitudine, sappiamo, ha molto volti, che vanno oltre all'avere positivi legami familiari, con amici, affetti, contatti ecc! Certamente questi aspetti sono importanti ma non sono sufficienti per spiegare il “mi sento solo” e “sono solo”: queste parole contengono una forte dimensione interiore, soggettiva, - intrapsichica per usare una definizione psicologica – alludono al sentire emotivamente una mancanza, un abbandono, un vuoto che la persona non riesce a colmare né fuori né dentro di sé. Sappiamo quanto il senso di solitudine sia collegata alla depressione, alla ansia e al panico ma anche a tanti disturbi e disagi psicologici compresi molte difficoltà nella fase adolescenziale e giovanile.

Questo articolo ci porta, però, ulteriori conoscenze: i vissuti di solitudine diventano un fattore di rischio per la salute delle persone con patologie cardiache fino a incidere sul rischio di morte! Le donne che si percepiscono sole hanno il triplo di probabilità in più di morire rispetto alle donne che non si sentono tali, gli uomini il doppio: sono dati estremamente significativi e ci confermano, se ce ne fosse bisogno, quanto il legame fra il nostro corpo e la nostra mente, le nostre emozioni in particolare, sia costante e indissolubile. E per le donne ancora di più che per gli uomini!!

L'articolo ci illustra un'altra grande correlazione: l'ottimismo agisce come fattore di protezione per il rischio cardiovascolare e....per tutte le cause di mortalità. E' una acquisizione enorme e va a convalidare ciò che medici, psicologi e tutti i sanitari già condividono: un approccio positivo alla vita, la capacità di avere speranza e umanità, la disposizione a considerare la realtà nel suo lato migliore impattano positivamente con la salute del corpo e sulla capacità di far fronte agli eventi avversi. Al contrario una visione pessimistica, negativa agisce come fattore di rischio rispetto alla salute e al suo sistema difensivo e riduce le capacità della persona (corpo e mente) di trovare forza e speranza per superare le avversità.

Quali sono le conseguenze di queste conclusioni? Cosa ci indicano? L'articolo nella fase conclusiva fornisce alcune indicazioni! Noi, come operatori della salute mentale dobbiamo impegnarci per favorire il benessere psicologico delle persone aiutandole a superare gli aspetti negativi della loro vita e a ritrovare le proprie capacità di resilienza


Commenti